martedì 20 marzo 2007

Quando sarai triste...

Da “Notte infinita” di Kahlil Gibran

Quando sarai triste siediti sul ciglio della strada e attendi che il vento ti porti la voce dell’ignoto. Ascolta in silenzio quello che la voce ti dice eppoi, alla luce del sole, chiediti se tutto ciò è possibile. Rimani così nella calma sino a quando dal cielo scenderà la sera perché anch’essa avrà un messaggio per te. Rimani seduto sul ciglio della strada sino a quando si accenderanno le stelle perché anche loro avranno qualcosa da dirti.
Poi verrà la notte con la sua lunga pausa di riflessione e ti verrà in mente la vita. Allora, pensa di essere sempre te stesso a qualsiasi costo, e non fingere mai con gli affetti profondi come l’amore, unica cosa grande al mondo. Accetta con serenità il passare degli anni perché anche la vecchiaia è un atto della vita. Non aver paura della vita. L’uomo dimostra di essere piccolo o grande a seconda dell’importanza che dà alle grandi o alle piccole cose. Ricordati che se sei venuto al mondo hai pieno diritto di esistere. Cerca Dio anche se non sai dove abita e abbi sempre comprensione per tutti. Rimani seduto sul ciglio della strada sino all’alba. Passerà qualcuno e ti chiederà se ti sei perduto e tu risponderai che ti stai cercando.

domenica 18 marzo 2007

Alekos Panagulis

L'amore non è mettere le catene alla gente
che vuole battersi e che è pronta a morire per questo
l'amore è lasciarla morire nel modo che ha scelto.

Come se la libertà si potesse assassinare
senza la vigliaccheria del popolo.
Senza il silenzio del popolo.
Ma cosa vuol dire popolo chi è il popolo?
Sono i pochi che disubbidiscono?
no loro non sono il popolo,
il popolo è gregge.

Tutte le bandiere anche le più nobili,
le più pure, sono sporche
di sangue e di merda,
che con il passare del tempo
diventano dello stesso colore.

Ho guadagnato una vita,
un biglietto per la morte e viaggio ancora
in certi momenti ho creduto
di essere alla fine del viaggio
mi sbagliavo erano solo imprevisti del cammino.

Ora è la pioggia che batte incessante

Ora è la pioggia che batte incessante. Sarebbe bello salire in collina a sentire i profumi del bosco.
Passeggiare in silenzio per un sentiero stretto; vicini (forse troppo vicini) sotto l’ombrello aperto.
Quella necessità incessante di avere un contatto: le mani che si cercano, ma hanno paura di andare oltre.
Sarebbe bello scendere al borgo a cercare una locanda. Sedersi ad un tavolo uno di fronte all’altra e scoprire le nostre mani che si avvicinano lente come a suggellare un momento che si vorrebbe non finisse mai.
Sarebbe bello sentire le vene scaldarsi dopo un bicchiere di vino e ascoltare le nostre parole più sciolte, come liberate da pregiudizi e inibizioni. Accorgersi che anche i nostri visi si avvicinano piano, fino a stupirsi quando le nostre labbra si sfiorano.
L’euforia dolce di un incontro da troppo tempo atteso; come un salto nel vuoto, un colpo di stato, una rivoluzione. O solo il fuggire dalla solita realtà alienante.
Poi uscire e ritrovarsi ancora sotto la pioggia, con un’unica idea: un brivido che ci percorre e non ci fa ragionare. Correre a casa per far esplodere la nostra rivolta alla vita.